Il Safari
La gente era nervosa a causa del safari. La signora Elena, tutta
pimpante benché avesse passato la quarantina, si era presa una
storta al piede sinistro, mentre provava tre o quattro tenute da
safari. Aveva optato per un paio di pantaloncini corti beige ed
una maglietta sciccosa di un blu elettrico che le accentuava la
rotonda maturità del seno.
Il marito, alto e magro dal viso rugoso scavato dagli anni ,
per l’occasione sfoggiò una bellissima camicia di seta, color
salmone.
La signora Penelope era anch’essa avida di avventure esotiche,
ma era angosciata da un brutto incontro con alcune scimmie
rissose.
Aveva dovuto fuggire a gambe levate, inseguita dalla scimmia capobranco che, giustamente, difendeva il territorio della tribù.
Le coppie che avevano optato per il safari erano quattro.
C’erano anche due giovani impiegati con l’hobby della fotografia
e due sciagurati milanesi. Lui era un pittore in incognito, lei una chiacchierona impenitente. Finalmente venne il momento di partire.
Il pittore si portò dietro il cavalletto, la tavolozza ed i colori
e in più due cespi di banane per cibare gli elefanti.
Le gip partirono sgommando. Percorsero un pezzo di strada
asfaltata e si fermarono di colpo davanti ad una casupola bassa,
dove uno degli accompagnatori cingalesi si mise a pregare
intensamente a mani giunte pronunciando scongiuri
contro gli spiriti maligni.
Aspettammo in silenzio e in apprensione augurandoci che
la cosa finisse al più presto.
Le gip finalmente ripartirono prendendo una strada sterrata.
Ci addentrammo in una terra di nessuno.
Il terreno accidentato, pieno di buche, provocava scuotimenti
e sbalzi improvvisi ai passeggeri.
Repentine staffilate dei rami dei cespugli rischiarono di
accecare gli inesperti gitanti.
Per un lungo scorrere di minuti si vagò così in quella landa
selvaggia in mezzo alla sterpaglia.
Finalmente venne avvistato prima un elefante isolato, poi una
elefantessa col suo piccolo.
Nel frattempo erano andati distrutti il beauty case della
signora Elena ed il cavalletto del non più giovane pittore.
I gitanti, tutti imbrattati di fango ma felici per l’avvistamento
degli elefanti, balzarono giù tutti insieme dal fuoristrada
provocandosi storte e contusioni.
Era sbocciato un flirt tra la signora Elena e l’autista della gip.
I turisti si avvicinarono furtivi agli elefanti cingalesi che,
com’è risaputo, sono ombrosi ed intrattabili.
Si erano fatti schermo con i rami dei cespugli per mimetizzarsi
e si avvicinarono silenziosi, a carponi, ed a passi felpati.
Vanamente gli accompagnatori cingalesi cercarono di
ammonirli e di trattenerli.
Improvvisamente partì la carica degli elefanti cingalesi
imbizzarriti ed incacchiati. La fuga fu ignominiosa e disperata.
Gli autisti saltarono sulle gip e diedero gas, sgommando e
sollevando nuvole di polvere abbandonando al loro destino
i turisti fighetti.
Alcuni di questi vennero travolti e spiaccicati, altri si gettarono
negli acquitrini dove vennero divorati dai coccodrilli.
E adesso, eccomi qua, unico sopravvissuto, con i capelli incanutiti
per lo spavento, a raccontarvi questa storia.
Ebbene vi dico, lo rifarei nuovamente.
pimpante benché avesse passato la quarantina, si era presa una
storta al piede sinistro, mentre provava tre o quattro tenute da
safari. Aveva optato per un paio di pantaloncini corti beige ed
una maglietta sciccosa di un blu elettrico che le accentuava la
rotonda maturità del seno.
Il marito, alto e magro dal viso rugoso scavato dagli anni ,
per l’occasione sfoggiò una bellissima camicia di seta, color
salmone.
La signora Penelope era anch’essa avida di avventure esotiche,
ma era angosciata da un brutto incontro con alcune scimmie
rissose.
Aveva dovuto fuggire a gambe levate, inseguita dalla scimmia capobranco che, giustamente, difendeva il territorio della tribù.
Le coppie che avevano optato per il safari erano quattro.
C’erano anche due giovani impiegati con l’hobby della fotografia
e due sciagurati milanesi. Lui era un pittore in incognito, lei una chiacchierona impenitente. Finalmente venne il momento di partire.
Il pittore si portò dietro il cavalletto, la tavolozza ed i colori
e in più due cespi di banane per cibare gli elefanti.
Le gip partirono sgommando. Percorsero un pezzo di strada
asfaltata e si fermarono di colpo davanti ad una casupola bassa,
dove uno degli accompagnatori cingalesi si mise a pregare
intensamente a mani giunte pronunciando scongiuri
contro gli spiriti maligni.
Aspettammo in silenzio e in apprensione augurandoci che
la cosa finisse al più presto.
Le gip finalmente ripartirono prendendo una strada sterrata.
Ci addentrammo in una terra di nessuno.
Il terreno accidentato, pieno di buche, provocava scuotimenti
e sbalzi improvvisi ai passeggeri.
Repentine staffilate dei rami dei cespugli rischiarono di
accecare gli inesperti gitanti.
Per un lungo scorrere di minuti si vagò così in quella landa
selvaggia in mezzo alla sterpaglia.
Finalmente venne avvistato prima un elefante isolato, poi una
elefantessa col suo piccolo.
Nel frattempo erano andati distrutti il beauty case della
signora Elena ed il cavalletto del non più giovane pittore.
I gitanti, tutti imbrattati di fango ma felici per l’avvistamento
degli elefanti, balzarono giù tutti insieme dal fuoristrada
provocandosi storte e contusioni.
Era sbocciato un flirt tra la signora Elena e l’autista della gip.
I turisti si avvicinarono furtivi agli elefanti cingalesi che,
com’è risaputo, sono ombrosi ed intrattabili.
Si erano fatti schermo con i rami dei cespugli per mimetizzarsi
e si avvicinarono silenziosi, a carponi, ed a passi felpati.
Vanamente gli accompagnatori cingalesi cercarono di
ammonirli e di trattenerli.
Improvvisamente partì la carica degli elefanti cingalesi
imbizzarriti ed incacchiati. La fuga fu ignominiosa e disperata.
Gli autisti saltarono sulle gip e diedero gas, sgommando e
sollevando nuvole di polvere abbandonando al loro destino
i turisti fighetti.
Alcuni di questi vennero travolti e spiaccicati, altri si gettarono
negli acquitrini dove vennero divorati dai coccodrilli.
E adesso, eccomi qua, unico sopravvissuto, con i capelli incanutiti
per lo spavento, a raccontarvi questa storia.
Ebbene vi dico, lo rifarei nuovamente.