La Natura come “ La straniera”
Sulla rappresentazione del paesaggio nelle arti visive
Natura è tutto ciò che è ambiente alternativo alla Città: sia lo spazio dove la
vegetazione si sviluppa spontaneamente e non vi è traccia di insediamenti
umani, sia dove la terra è coltivata con orti, alberi da frutta, vigneti, case coloniche.
Esistono poi gli spazi del deserto, delle impervie montagne, le distese dei mari
e dei laghi, il cielo profondo con le sue nuvole, le piogge, gli uragani, il cielo
notturno con le sue costellazioni e le sue Galassie.
Natura è sia ciò che riusciamo a vedere, sia ciò che noi immaginiamo al di là
del visibile. Sono Natura anche gli animali domestici e da lavoro, quelli selvatici
ed anche i bambini che giocano insieme e quelli attaccati alla sottana delle loro
madri. Non può essere considerata Natura né la città, né le periferie sterminate,
le bidonvilles, le immense discariche a cielo aperto.
Nel pensiero delle comunità tribali, ogni animale ed ogni pianta avevano poteri
magici e simbolici. Questa concatenazione di simboli, tabù, cerimonie, unitamente
allo studio dell’Astronomia rappresentava l’ordine “La Ragione” nella Natura,
nelle società primitive. La Natura allora era uno specchio dei vizi e delle virtù
degli uomini. In sé aveva aspetti benefici ma riservava anche punizioni
esemplari alla superbia ed ai comportamenti scellerati degli uomini,
come è tramandato dai miti dell’antichità.
Il concetto di Natura è collegato per noi moderni allo spazio ed alla libertà.
Si sono infrante le Colonne d’Ercole ed il Muro di Berlino. Natura è spontaneità
del Sentimento, evasione dai ritmi di lavoro, dagli spazi angusti ed artificiali
della Città. E’ uno spazio di “meditazione personale”, di contemplazione,
una “visione”, che ci affranca dalla routine e dalle preoccupazioni quotidiane.
Natura, Madre Natura esige rispetto contro la rapacità e la brutalità degli
uomini, motivate dalla loro fame di guadagno. Chi attenta all’integrità della natura
non è solo un asociale ma mette in atto un comportamento contro-natura
infrange un tabù, una prescrizione morale e ci fa regredire ad uno stadio di
civiltà inferiore.
La città è anonima, costruita, ordinata per il lavoro. E’ fatta di linee verticali, di
angoli, di linee spezzate, di grattacieli.
L’attrazione verso la natura è fuga dal pieno, dal rumore, dall’anonimato, fuga
verso ciò che è autentico, personale, una capacità di ascolto di se stessi e
dell’”alterità” della natura.
I pittori, gli incisori, i fotografi hanno sviluppato un apparato simbolico e
concettuale per rappresentare e descrivere il paesaggio, sia inventando la
Prospettiva nel Rinascimento, sia inventando una immersione dell’artista
dentro il paesaggio, sia scegliendo i colori ed i toni per rappresentare oggetti e
persone vicine e lontane, linee di fuga multiple verso l’orizzonte.
La rappresentazione della “profondità” e la resa “realistica” materica e
volumetrica delle cose e delle figure sono complementari.
Fa parte delle capacità espressive dell’artista la rappresentazione del
dinamismo della natura, delle montagne, dei vulcani, del mare in tempesta
o del movimento a spirale delle galassie nella volta celeste.
Si può anche tentare di far presentire l’Infinito, come tensione al di là dei
limiti spaziali: tuffo di soglia in soglia nello spazio, spostando il limite sempre
più in là ad ogni tappa del viaggio nell’Universo.
Ma tornando alla madre terra, ed alle sue creature, la vita evolve con la
sua autonoma spontaneità, secondo ritmi lenti di crescita, antitetici a
quelli del sistema produttivo e degli habitat degli uomini.
La natura è come una donna, per conoscerla è necessario entrare in sintonia
con lei, rimanere in silenzio, contemplarla, sentirla respirare.
E’ “diversa” da noi. La nostra coscienza è “divisa” di fronte alla “diversita” della
Natura e della Donna. Essa è “ La straniera”. Non è possibile conoscerla
pienamente, assoggettarla, colonizzarla. Il suo mistero è anche la sua spontaneità,
la sua Psiche. Per conoscere la Natura occorre una “ricerca”
personale sperimentando le nostre capacità di rappresentarla utilizzando anche
le risorse del nostro “Inconscio“, del nostro desiderio di unione.
Il nostro Sentire Istintivo, l’Intuizione, la traduciamo in immagini con la nostra
“manualità”, per esprimere, se siamo bravi, la visione e il sentimento della
Natura, ma anche di quel paesaggio.
Lo slancio vitale e l’ambiguità dell’istinto danno le ali all’intuizione.
In un’ora insolita vediamo all’improvviso la Natura sotto una luce diversa.
Provate a salire di notte in cima ad un vulcano, ad esempio lo Stromboli.
C’è la luna. Il lato della montagna che dà sulle bocche del vulcano è buio.
Sentite gli scoppi delle eruzioni esplosive e vedete fiammate rossastre, fiutate
zaffate di zolfo. E’ il lato “tellurico” del vulcano, legato alla vitalità oscura
della Terra, al mito di “Efesto”. L’altro lato della montagna è invece illuminato
dalla luna e rivolto verso il mare. E’ tranquillo, dominano il silenzio e la luce.
Ricorda il mito delle divinità legate alla pace, Apollo ed anche Afrodite.
Anche noi siamo divisi, melanconia e rabbia da un lato, contemplazione e
pensiero dall’altro. Anche l’aspetto “ottico”, la scelta del punto di osservazione,
dal basso o dall’alto sono importanti. Occorre scegliere il colpo d’occhio per
esplorare il paesaggio,dilatarlo, suscitare emozioni, dare l’illusione di una
acuità visiva eccezionale. Come un’architetto il pittore costruisce la conformazione
fisica del paesaggio, dà l’illusine prospettica, la profondità, la luce.
Il senso della solitudine dolce od estrema, i segni del vento, della pioggia, della
stagione dell’anno, dell’oscurità e della luce. Presenza o assenza di animali
e di esseri umani. I simboli e le allegorie di vita o di morte. Si dipinge un paesaggio
per tramandare un “momento” personale dell’artista ed un paesaggio.
Sappiamo che la natura e la vita cercano un equilibrio di risorse e di specie
(Armonia) per assicurare la sopravvivenza e l’evoluzione delle specie e
degli habitat naturali. Gli uomini, invece (o il Sistema) attentano con le loro
tecnologie ed un sistema di sfruttamento di rapina all’equilibrio di risorse
naturali e di Specie viventi. Che fare? Come far fronte all’anarchia dei sistemi
produttivi, all’aumento vertiginoso degli abitanti del pianeta, alla distruzione
ed all’esaurimento delle risorse, all’inquinamento del pianeta?
Il Capitalismo, il mito dell’accrescimento del PIL, l’effetto serra, lo scioglimento
dei ghiacciai, la desertificazione sono sotto gli occhi di tutti e fanno temere
esiti catastrofici per tutti. Senza mutamenti radicali di sistemi produttivi e
di stili di vita non si ferma la corsa verso nuove Catastrofi. E’ necessario anche
ridurre drasticamente gli sprechi e gli ingiusti e criminali dislivelli di redditi
e di diritti tra gli abitanti dei paesi ricchi e quelli dei paesi poveri.
Nasce spontaneamente dentro di noi una “Nostalgia della Natura” così
com’era, prima di essere così violentata e alienata.
Ecco perché siamo legati al Romanticismo ed a pittori come Ruisdael, Rembrandt,
Friederich, Turner, Boecklin e così via. Il Naturalismo nordico, l’umiltà e il
rispetto di fronte alla Natura.
Siamo però anche legati agli aspetti luminosi del paesaggio,alla dissoluzione delle
cose in tocchi ed atomi di colore, all’impressione di una cascata di luce, lo schock
originario della nascita.
Possiamo essere atei convinti, scettici di fronte ad ogni trascendenza, ma quando
ci troviamo soli in un parco naturale, in cima ad una montagna, o su di un Capo
e vediamo dallo strapiombo sul mare il gioco delle correnti, proviamo un sentimento
di perdita dell’identità, libertà comunione con il Tutto. E’ un sentimento
ingenuamente religioso, sembra che il tempo si sia fermato, noi viviamo
“un momento”, una fessura del tempo, lo stesso momento che ha vissuto un
nostro antenato e che vivrà un nostro nipote. Eternità? Infinito?
Un brivido vitale ci unisce alla Natura come ad un essere divino (Panteismo)
ci torna in mente l’inizio dell’Inno a Venere nel “De Rerum Naturae“ di Lucrezio.
Per tornare al Paesaggio, non mi piacciono invece le grandi scenografie vuote.
La Natura è vitale in sè stessa. Non è una quinta di palcoscenico.
Mi piacciono invece le campagne coltivate dai contadini, allietate dalle feste
di paese, dai picnic, dagli amori, dai giochi all’aria aperta.
Un tema classico è la raffigurazione delle quattro stagioni in una società contadina.
Il paesaggio ospita anche allegorie, la Primavera, la Nascita di Venere, perfino
La grande allegoria sulla cecità del genere umano rappresentata da Brueghel il
vecchio. I ciechi, in fila, mano nella mano, avanzano nel gelo di uno spoglio
paesaggio innevato. Il primo cieco, colui che guida, precipita in un burrone
trascinando nella caduta quelli che lo seguono. Allegoria valida per tutti i tempi.
Natura, insieme di specie viventi, fuoco d’artificio delle specie, fiera delle vanità,
grappolo di tentazioni e di illusioni, finché dura la vita.
La specie che si è più distaccata dalla natura è quella umana, ha costruito per sè
una natura artificiale, la tecnologia. Spesso però viene smarrito il senso del vivere
individuale, del vivere collettivo. La Natura ci pone enigmi ai quali non sappiamo
rispondere. Amiamo anche la Natura nella Notte silenziosa e la volta celeste,
il sonno dei viventi come è raccontato dall’antico poeta greco Alcmane:
Dormono le cime dei monti
E le vallate intorno,
i declivi e i burroni,
dormono i rettili, quanti nella specie
la nera terra alleva,
le fiere di selva, le varie forme d’api,
i mostri nel fondo cupo del mare,
dormono le generazioni
degli uccelli dalle lunghe ali.
vegetazione si sviluppa spontaneamente e non vi è traccia di insediamenti
umani, sia dove la terra è coltivata con orti, alberi da frutta, vigneti, case coloniche.
Esistono poi gli spazi del deserto, delle impervie montagne, le distese dei mari
e dei laghi, il cielo profondo con le sue nuvole, le piogge, gli uragani, il cielo
notturno con le sue costellazioni e le sue Galassie.
Natura è sia ciò che riusciamo a vedere, sia ciò che noi immaginiamo al di là
del visibile. Sono Natura anche gli animali domestici e da lavoro, quelli selvatici
ed anche i bambini che giocano insieme e quelli attaccati alla sottana delle loro
madri. Non può essere considerata Natura né la città, né le periferie sterminate,
le bidonvilles, le immense discariche a cielo aperto.
Nel pensiero delle comunità tribali, ogni animale ed ogni pianta avevano poteri
magici e simbolici. Questa concatenazione di simboli, tabù, cerimonie, unitamente
allo studio dell’Astronomia rappresentava l’ordine “La Ragione” nella Natura,
nelle società primitive. La Natura allora era uno specchio dei vizi e delle virtù
degli uomini. In sé aveva aspetti benefici ma riservava anche punizioni
esemplari alla superbia ed ai comportamenti scellerati degli uomini,
come è tramandato dai miti dell’antichità.
Il concetto di Natura è collegato per noi moderni allo spazio ed alla libertà.
Si sono infrante le Colonne d’Ercole ed il Muro di Berlino. Natura è spontaneità
del Sentimento, evasione dai ritmi di lavoro, dagli spazi angusti ed artificiali
della Città. E’ uno spazio di “meditazione personale”, di contemplazione,
una “visione”, che ci affranca dalla routine e dalle preoccupazioni quotidiane.
Natura, Madre Natura esige rispetto contro la rapacità e la brutalità degli
uomini, motivate dalla loro fame di guadagno. Chi attenta all’integrità della natura
non è solo un asociale ma mette in atto un comportamento contro-natura
infrange un tabù, una prescrizione morale e ci fa regredire ad uno stadio di
civiltà inferiore.
La città è anonima, costruita, ordinata per il lavoro. E’ fatta di linee verticali, di
angoli, di linee spezzate, di grattacieli.
L’attrazione verso la natura è fuga dal pieno, dal rumore, dall’anonimato, fuga
verso ciò che è autentico, personale, una capacità di ascolto di se stessi e
dell’”alterità” della natura.
I pittori, gli incisori, i fotografi hanno sviluppato un apparato simbolico e
concettuale per rappresentare e descrivere il paesaggio, sia inventando la
Prospettiva nel Rinascimento, sia inventando una immersione dell’artista
dentro il paesaggio, sia scegliendo i colori ed i toni per rappresentare oggetti e
persone vicine e lontane, linee di fuga multiple verso l’orizzonte.
La rappresentazione della “profondità” e la resa “realistica” materica e
volumetrica delle cose e delle figure sono complementari.
Fa parte delle capacità espressive dell’artista la rappresentazione del
dinamismo della natura, delle montagne, dei vulcani, del mare in tempesta
o del movimento a spirale delle galassie nella volta celeste.
Si può anche tentare di far presentire l’Infinito, come tensione al di là dei
limiti spaziali: tuffo di soglia in soglia nello spazio, spostando il limite sempre
più in là ad ogni tappa del viaggio nell’Universo.
Ma tornando alla madre terra, ed alle sue creature, la vita evolve con la
sua autonoma spontaneità, secondo ritmi lenti di crescita, antitetici a
quelli del sistema produttivo e degli habitat degli uomini.
La natura è come una donna, per conoscerla è necessario entrare in sintonia
con lei, rimanere in silenzio, contemplarla, sentirla respirare.
E’ “diversa” da noi. La nostra coscienza è “divisa” di fronte alla “diversita” della
Natura e della Donna. Essa è “ La straniera”. Non è possibile conoscerla
pienamente, assoggettarla, colonizzarla. Il suo mistero è anche la sua spontaneità,
la sua Psiche. Per conoscere la Natura occorre una “ricerca”
personale sperimentando le nostre capacità di rappresentarla utilizzando anche
le risorse del nostro “Inconscio“, del nostro desiderio di unione.
Il nostro Sentire Istintivo, l’Intuizione, la traduciamo in immagini con la nostra
“manualità”, per esprimere, se siamo bravi, la visione e il sentimento della
Natura, ma anche di quel paesaggio.
Lo slancio vitale e l’ambiguità dell’istinto danno le ali all’intuizione.
In un’ora insolita vediamo all’improvviso la Natura sotto una luce diversa.
Provate a salire di notte in cima ad un vulcano, ad esempio lo Stromboli.
C’è la luna. Il lato della montagna che dà sulle bocche del vulcano è buio.
Sentite gli scoppi delle eruzioni esplosive e vedete fiammate rossastre, fiutate
zaffate di zolfo. E’ il lato “tellurico” del vulcano, legato alla vitalità oscura
della Terra, al mito di “Efesto”. L’altro lato della montagna è invece illuminato
dalla luna e rivolto verso il mare. E’ tranquillo, dominano il silenzio e la luce.
Ricorda il mito delle divinità legate alla pace, Apollo ed anche Afrodite.
Anche noi siamo divisi, melanconia e rabbia da un lato, contemplazione e
pensiero dall’altro. Anche l’aspetto “ottico”, la scelta del punto di osservazione,
dal basso o dall’alto sono importanti. Occorre scegliere il colpo d’occhio per
esplorare il paesaggio,dilatarlo, suscitare emozioni, dare l’illusione di una
acuità visiva eccezionale. Come un’architetto il pittore costruisce la conformazione
fisica del paesaggio, dà l’illusine prospettica, la profondità, la luce.
Il senso della solitudine dolce od estrema, i segni del vento, della pioggia, della
stagione dell’anno, dell’oscurità e della luce. Presenza o assenza di animali
e di esseri umani. I simboli e le allegorie di vita o di morte. Si dipinge un paesaggio
per tramandare un “momento” personale dell’artista ed un paesaggio.
Sappiamo che la natura e la vita cercano un equilibrio di risorse e di specie
(Armonia) per assicurare la sopravvivenza e l’evoluzione delle specie e
degli habitat naturali. Gli uomini, invece (o il Sistema) attentano con le loro
tecnologie ed un sistema di sfruttamento di rapina all’equilibrio di risorse
naturali e di Specie viventi. Che fare? Come far fronte all’anarchia dei sistemi
produttivi, all’aumento vertiginoso degli abitanti del pianeta, alla distruzione
ed all’esaurimento delle risorse, all’inquinamento del pianeta?
Il Capitalismo, il mito dell’accrescimento del PIL, l’effetto serra, lo scioglimento
dei ghiacciai, la desertificazione sono sotto gli occhi di tutti e fanno temere
esiti catastrofici per tutti. Senza mutamenti radicali di sistemi produttivi e
di stili di vita non si ferma la corsa verso nuove Catastrofi. E’ necessario anche
ridurre drasticamente gli sprechi e gli ingiusti e criminali dislivelli di redditi
e di diritti tra gli abitanti dei paesi ricchi e quelli dei paesi poveri.
Nasce spontaneamente dentro di noi una “Nostalgia della Natura” così
com’era, prima di essere così violentata e alienata.
Ecco perché siamo legati al Romanticismo ed a pittori come Ruisdael, Rembrandt,
Friederich, Turner, Boecklin e così via. Il Naturalismo nordico, l’umiltà e il
rispetto di fronte alla Natura.
Siamo però anche legati agli aspetti luminosi del paesaggio,alla dissoluzione delle
cose in tocchi ed atomi di colore, all’impressione di una cascata di luce, lo schock
originario della nascita.
Possiamo essere atei convinti, scettici di fronte ad ogni trascendenza, ma quando
ci troviamo soli in un parco naturale, in cima ad una montagna, o su di un Capo
e vediamo dallo strapiombo sul mare il gioco delle correnti, proviamo un sentimento
di perdita dell’identità, libertà comunione con il Tutto. E’ un sentimento
ingenuamente religioso, sembra che il tempo si sia fermato, noi viviamo
“un momento”, una fessura del tempo, lo stesso momento che ha vissuto un
nostro antenato e che vivrà un nostro nipote. Eternità? Infinito?
Un brivido vitale ci unisce alla Natura come ad un essere divino (Panteismo)
ci torna in mente l’inizio dell’Inno a Venere nel “De Rerum Naturae“ di Lucrezio.
Per tornare al Paesaggio, non mi piacciono invece le grandi scenografie vuote.
La Natura è vitale in sè stessa. Non è una quinta di palcoscenico.
Mi piacciono invece le campagne coltivate dai contadini, allietate dalle feste
di paese, dai picnic, dagli amori, dai giochi all’aria aperta.
Un tema classico è la raffigurazione delle quattro stagioni in una società contadina.
Il paesaggio ospita anche allegorie, la Primavera, la Nascita di Venere, perfino
La grande allegoria sulla cecità del genere umano rappresentata da Brueghel il
vecchio. I ciechi, in fila, mano nella mano, avanzano nel gelo di uno spoglio
paesaggio innevato. Il primo cieco, colui che guida, precipita in un burrone
trascinando nella caduta quelli che lo seguono. Allegoria valida per tutti i tempi.
Natura, insieme di specie viventi, fuoco d’artificio delle specie, fiera delle vanità,
grappolo di tentazioni e di illusioni, finché dura la vita.
La specie che si è più distaccata dalla natura è quella umana, ha costruito per sè
una natura artificiale, la tecnologia. Spesso però viene smarrito il senso del vivere
individuale, del vivere collettivo. La Natura ci pone enigmi ai quali non sappiamo
rispondere. Amiamo anche la Natura nella Notte silenziosa e la volta celeste,
il sonno dei viventi come è raccontato dall’antico poeta greco Alcmane:
Dormono le cime dei monti
E le vallate intorno,
i declivi e i burroni,
dormono i rettili, quanti nella specie
la nera terra alleva,
le fiere di selva, le varie forme d’api,
i mostri nel fondo cupo del mare,
dormono le generazioni
degli uccelli dalle lunghe ali.